Il Valzer tra Musica e Creatività
Chiunque si sia trovato a dover creare qualcosa, che fosse un testo, una presentazione o un progetto, avrà sicuramente capito che la creatività ha bisogno di un rito.
Ogni artista passato alla storia, ogni scrittore di successo ha le sue – più o meno sofisticate – abitudini, necessarie a favorire il processo creativo.
Il regista e sceneggiatore americano Woody Allen, una macchina creativa da più di 50 film, ha l’abitudine di cambiare stanza o luogo quando è in crisi creativa. Gli è sufficiente spostare la sua attenzione da un’attività ad un’altra qualsiasi, per poter creare la scintilla dell’inventiva.
Philip Roth, autore di Pastorale Americana, non comincia a scrivere se non dopo una sostanziosa colazione e della sana attività fisica. Un po’ più singolare l’abitudine di James Joyce: per favorire la vena produttiva, lo scrittore irlandese era solito scrivere sdraiato sul letto a pancia in giù.
Un altro elemento spesso presente nelle abitudini dei processi creativi – soprattutto di chi fa della parola un’arte – è la musica.
Musica classica, musica etnica, rock, jazz blues…
Non importa il genere, che sia moderna o meno, che sia strumentale o cantata. La musica, più di ogni altra cosa, è un ottimo alleato che accoglie e stimola le idee, la creatività e il genio.
Il valzer di note e parole
Lo scrittore giapponese Haruki Murakami, famoso per opere come Norwegian Wood e L’uccello che girava le viti del mondo, ha un rapporto molto particolare con la musica.
Titolare per alcuni anni di un jazz bar a Tokyo e possessore di migliaia dischi, Murakami impregna i suoi libri di musica ad ogni capitolo, citandola addirittura 91 volte nel suo Kafka sulla spiaggia.
Su Spotify è stata pubblicata anche una playlist, con più di 3000 brani che fanno parte della sua collezione personale e che accompagnano in sottofondo ogni battuta della sua scrittura.
Nel nostro paese, a vivere e alimentare un rapporto di reciproca ispirazione tra note e parole, è lo scrittore torinese Alessandro Baricco. L’autore di Castelli di Rabbia e Seta, ha perfino dedicato alla musica – e ad uno dei suoi più grandi maestri – il suo primo film da regista.
È del 2008 il film Lezione 21, scritto e diretto da Baricco, incentrato sulla Nona Sinfonia di Beethoven e sulla sua tumultuosa nascita.
Gli effetti della musica sul cervello
Di studi e trattati sugli effetti della musica sul nostro cervello, ce ne sono stati moltissimi.
In Canada è nato il BRAMS, International Laboratory for Brain, Music and Sound Research, che si occupa appunto di analizzare il modo in cui ritmo, armonia e melodia vengono percepiti dal nostro cervello e in che modo favoriscano alcune delle sue attività.
La musica è l’ingrediente che più di tutti smuove: smuove i corpi, il cervello e di conseguenza anche le idee.
Il mio metodo
Nella creazione di un testo esistono diversi processi, ognuno dei quali è più o meno propenso a farsi stimolare e accompagnare dalla musica.
Quando scrivo un testo, divido il mio “viaggio creativo” in 4 tappe principali:
- raccolta di informazioni sull’argomento
- prima stesura “istintiva”
- aggiustamenti e eliminazione del superfluo
- controllo e correzione
La prima fase, la raccolta di informazioni sull’argomento, non richiede un grande sforzo cognitivo, ma tanto tempo e oculatezza nella scelta delle fonti.
Un lavoro quasi meccanico, che si lascia affiancare bene da una musica di sottofondo ritmata e cantata, magari rock, jazz o soul.
La seconda fase è più impulsiva e ritmica, quindi ho bisogno di un accompagnamento musicale che si faccia un po’ da parte per far fluire le idee senza ostacoli o troppe distrazioni.
Questo è il momento migliore per dei brani strumentali o dalle sonorità ambient, come quelle del gruppo islandese Sigur Ros. In questo step del processo creativo, anche la musica classica mi è d’aiuto, in particolar modo le opere di Bach e Beethoven.
La terza fase è la più delicata e in quanto tale richiede maggior concentrazione. In questo caso entra in gioco il suono più potente di tutti: il silenzio.
D’accordo, siamo soliti considerare il silenzio più che altro come assenza di suono e quindi di musica! Ma non era di questa idea il compositore John Cage, che nella sua famosa 4’33” riuscì a sottolineare come anche il silenzio potesse essere in realtà una forma di musica.
Il silenzio mi permette di far “posare” le idee e di isolarle da tutto il resto. Il taglio delle parti superflue di un testo non può che avvenire in parallelo all’esclusione degli stimoli sonori.
Torno poi alla musica con la 4 e ultima fase del processo creativo: il controllo del testo e le rifiniture. Eseguo questo step particolarmente tecnico facendomi ispirare nuovamente da qualcosa di ritmico, magari brani Reggae e Pop in acustico.
“L’inesprimibile profondità della musica, così semplice da comprendere e allo stesso tempo inspiegabile, è dovuta al fatto che essa riproduce tutte le emozioni più intime del nostro essere, ma in maniera completamente estranea alla nostra realtà e alla sua sofferenza… La musica esprime solo la quintessenza della vita e i suoi avvenimenti, mai gli avvenimenti stessi”
Oliver Sacks – Musicophilia
Questo è il mio metodo creativo e il suo contorno musicale.
Certo, per seguirlo alla lettera c’è bisogno delle giuste condizioni “ambientali”. Se si lavora in un open space o in un luogo pubblico, probabilmente si presenterà la necessità di una musica che prima di tutto copra i rumori estranei e indesiderati.
Ma questa, è tutta un’altra musica.
Alcune delle canzoni che mi hanno aiutato a scrivere questo post:
- 1° fase: Karma Police – Radiohead / This Must Be The Place – Talking Heads
- 2° fase: God Bless the Child – Sonny Rollins / Olsen Olsen – Sigur Ros
- 3° fase: –
- 4° fase: Keep Going – The Revivalists / With My Own Two Hands – Ben Harper