Pensiero daltonico
Il prossimo ottobre per me saranno dieci anni di patente. Uno di quei traguardi che ti sorprendono come un fulmine a ciel sereno e ti spingono a considerare, più o meno seriamente, il tempo che passa e la fugacità della vita.
Il giorno prima dell’esame scritto, ricordo che il mio istruttore mi confidò un trucco per rispondere ad alcune domande particolarmente spigolose:
“Quando in una domanda ci sono espressioni come sempre, mai o ogni qual volta, quella domanda è falsa!”
Senza saperlo, l’istruttore mi diede la mia prima lezione sul pensiero dicotomico e su come riconoscerlo. Gli anglofoni, non a caso, lo chiamano black and white thinking, pensare in bianco e nero. Questa modalità di pensiero consiste nel non considerare le sfaccettature di un argomento, soffermandosi solo sui valori estremi che questo può presentare.
Il pensiero in bianco e nero che elimina le mille meravigliose sfaccettature della vita.
Una sorta di pensiero binario, secondo il quale ogni aspetto della vita è 1 o 0, giusto o sbagliato, bello o brutto. Una pericolosa semplificazione che non tiene conto del contesto e delle sfumature che ciascun argomento possiede.
Circuiti sovraccarichi
Per quale motivo siamo portati a dividere tutto in bianco o in nero?
Il cervello, lo sappiamo, è il marchingegno più potente che esista in natura. Ciononostante, come qualsiasi altro congegno, può vacillare se sottoposto ad una mole eccessiva di lavoro.
Questo accade sempre più spesso, in un contesto storico in cui abbiamo un’ampia scelta su ogni cosa. Al bar, ad esempio, possiamo chiedere un caffè espresso, un caffè lungo, macchiato, in vetro, con zucchero di canna o fruttosio.
Ne consegue che, ingolfato dalle mille decisioni giornaliere da prendere, il cervello attiva una sorta di meccanismo di difesa per ridurre al minimo il sovraccarico. Tramite questa distorsione cognitiva, il pensiero dicotomico appunto, si corre il rischio di eliminare le numerose sfaccettature del mondo che ci circonda.
Di conseguenza, un lavoro andato male sarà per forza di cose un fallimento su tutti i fronti, una persona scortese sarà sicuramente una persona cattiva e un cuoco che sbaglia una ricetta sarà senza dubbio un pessimo cuoco.
Questo funzionamento mentale di rimozione ci dona una superficiale e inesatta sensazione di sicurezza, e ci spinge a fossilizzarci su altrettanto superficiali e inesatte convinzioni.
Pensieri pericolosi
Fin quando si tratta di scegliere quale caffè ordinare o quale film vedere al cinema, il pensiero dicotomico può essere anche d’aiuto per alleggerire il lavoro del nostro cervello, senza causare troppi danni.
Un’estremizzazione di questo concetto può però portare il pensatore daltonico a vedere il mondo con delle lenti distorsive e pericolose.
Ne sono ben consapevoli alcuni propagandisti che, facendo leva sulle pulsioni emotive più profonde dell’animo umano, radicalizzano alcuni aspetti della società per creare diffidenza e paura nei confronti di un obiettivo prestabilito.
Ecco che, sotto questa lente daltonica, tutti i musulmani diventano terroristi, tutti i napoletani sono camorristi e tutti gli stranieri vengono nel nostro paese a delinquere.
Rainbow Thinking
Oltre a creare solidi e insensati pregiudizi, il pensiero dicotomico ci preclude quell’ampia gamma di colori che rende il mondo un posto così unico e affascinante.
Questo porta ad un inaridimento della creatività, della fantasia e dell’empatia, con le conseguenti ripercussioni sullo sviluppo scientifico, sull’arte e sulla solidarietà tra gli uomini.
Solo sforzandoci di vedere le sfumature e i colori che sono in ogni cosa, siamo in grado di trarre il meglio da ogni esperienza e capire a fondo ogni situazione.
In questo modo, un lavoro andato male ci darà gli spunti per migliorare, una persona scortese sarà probabilmente una buona persona che ha avuto una brutta giornata e un cuoco che sbaglia una ricetta sarà un buon cuoco che ha commesso un semplice errore.
Ricordiamo la filosofia cinese dello Yin e Yang: non può esserci il giorno senza la notte, la gioia senza il dolore, la luce senza il buio.
Ma ricordiamo anche che, come insegnano i latini, è nella terra di mezzo tra tutte queste estremità, nel delicato equilibrio tra due poli opposti, che l’uomo trova la virtù.
“Ero dentro e fuori, simultaneamente attratto e respinto dall’inesauribile varietà della vita” – Il Grande Gatsby – F.S. Fitzgerald