L’intelligenza artificiale generativa è entrata nelle nostre vite con la delicatezza di un caterpillar che entra in un negozio di decorazioni di porcellana, e il rumore dei cocci rotti sta risuonando come un campanello d’allarme alle orecchie di project manager, creativi e marketer di tutto il mondo.

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La diffusione massiva degli strumenti AI ha cambiato le regole del gioco per chi lavora con/di/nel digital, gettando nel panico professioniste e professionisti che con tanta fatica avevano costruito le proprie competenze (hard skill) un corso alla volta, un progetto alla volta.
Ma l’intelligenza artificiale è davvero qui per sostituirci? Può una macchina dal pensiero dicotomico prendere il posto del complesso e meraviglioso marchingegno che è il cervello umano?
La buona notizia è che, almeno per ora, lo scenario di un’intelligenza artificiale che rimpiazzi l’essere umano sembra essere molto remota. Più vicina, se non già tremendamente attuale, è la visione di un essere umano potenziato dall’intelligenza artificiale che sovrasta l’essere umano classico in termini di efficienza, produttività e conoscenza.
Come nei migliori film distopici e nelle storie di cyborg (come quella di Neil Harbisson), l’essere umano sposa la tecnologia fino a renderla una parte integrante e permanente di se, per raggiungere vette sempre più alte di conoscenza e comprensione del mondo circostante.
La vera notizia, da capire ancora se buona o meno, è che probabilmente l’AI non sostituirà l’essere umano, ma l’essere umano potenziato da AI lo farà.

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Un nuovo supereroe: l’AI-Powered Project Manager
È in questo contesto rivoluzionario che prende forma la nuova figura del project manager, quello potenziato dall’intelligenza artificiale, una sorta di ibrido cibernetico perennemente collegato ai large language models, che come in un fumetto cyberpunk sforna tonnellate di GANTT al secondo, genera piogge di task e porta a termine progetti a suon di prompt, ovviamente senza sforare di un giorno o di un euro.
No, per fortuna una simile mostruosità è ancora di là da venire: se saremo coscienziosi ed eticamente solidi, una stortura così gotica rimarrà solo materiale per la narrativa sci-fi.
L’intelligenza artificiale sta già rivoluzionando il project management, con una serie di pro e contro ancora da soppesare, ma che di certo stanno dando ai project manager nuove sfide e la necessità di evolversi per affrontarle al meglio.
Le promesse dell’intelligenza artificiale applicata al project management sono tante e tutte scintillanti:
- maggiore efficienza: automazione di task amministrativi e riduzione del tempo dedicato a operazioni ripetitive
- migliore gestione del rischio: analisi predittive per identificare criticità prima che diventino problemi concreti
- allocazione intelligente delle risorse: ottimizzazione della distribuzione del lavoro basata su dati storici e prestazioni individuali
- miglior supporto alle decisioni: analisi basate su dati reali per prendere decisioni più informate.
Allo stesso tempo, i rischi dell’utilizzo dell’AI per la gestione dei progetti crescono in maniera proporzionale, portando i pm e i loro progetti a:
- eccessiva dipendenza dalla tecnologia: affidarsi completamente all’AI potrebbe ridurre la capacità critica del PM
- mancanza di flessibilità: gli algoritmi possono essere meno adattabili a situazioni impreviste rispetto a un project manager esperto
- problemi etici e di trasparenza: le decisioni prese dall’AI devono essere comprensibili e giustificabili.
Il project manager è alla guida di una macchina sportiva rossa fiammante: ha la potenza la tecnologia per andare forte e sbaragliare tutti gli altri, ma anche il grande di rischio di fare un passo falso e ritrovarsi a testa in giù a bordo strada.
Si potrebbe parlare per ore della necessità di regolamentare l’utilizzo dell’AI all’interno dei progetti e in generale del mondo del lavoro, tanto da spingere qualcuno a proporre una patente di guida per l’AI. Per essere più immediati e pragmatici, intanto potrebbe essere utile rivedere il nostro approccio con le intelligenze artificiali, armati di buon senso e della consapevolezza che l’AI è uno strumento, e in quanto tale segue (per ora!) le indicazioni dell’essere umano che la guida.

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Suggerimenti per il Project Manager potenziato dall’AI
Proprio come quando ci si mette alla guida di una macchina potente, l’avvicinamento del PM all’AI deve essere ben ponderato, infuso di una buona dose di pensiero critico e – perché no – di diffidenza. Del resto, sarebbe scellerati affidarsi totalmente e senza remore ad una tecnologia incline a frequenti allucinazioni.
Cose da fare:
- integrare l’AI gradualmente: non affidarsi subito completamente alla tecnologia, ma testarla su task specifici
- mantenere il controllo umano: l’AI deve supportare, non sostituire, la supervisione e il giudizio del PM
- formare il team: chi lavora con l’AI deve comprenderne il funzionamento per sfruttarla al meglio
- verificare i dati: i sistemi AI sono efficaci solo se alimentati con dati di qualità.
Cose da evitare:
- eccessiva automazione: alcune decisioni richiedono l’intuito e l’esperienza umana
- ignorare la trasparenza: le decisioni prese dall’AI devono essere chiare e comprensibili
- trascurare la sicurezza dei dati: l’uso di AI comporta la gestione di grandi quantità di dati sensibili.
Soft skills come valore differenziante
Un timore diffuso è che l’AI possa sostituire il ruolo del project manager. In realtà, le competenze umane restano essenziali.
L’Importanza delle Soft Skills
- leadership: motivare il team e risolvere conflitti non è un compito che l’AI può gestire
- empatia: comprendere i bisogni e le emozioni delle persone è fondamentale per un buon PM
- pensiero critico: l’AI offre dati, ma la strategia resta una competenza umana
- adattabilità: gli imprevisti fanno parte di ogni progetto, e un PM esperto sa come gestirli.
Le macchine sono bravissime a fare calcoli, analizzare dati e svolgere compiti ripetitivi. Ma c’è un limite: non possono replicare le nostre capacità umane, quelle che ci permettono di interagire con gli altri, di capire le emozioni, di essere creativi.
Cosa significa questo? Significa che, mentre l’AI eccelle nell’elaborazione dei dati e nell’esecuzione di compiti ripetitivi, noi umani conserviamo ancora il primato nella capacità di comprendere e gestire le emozioni, di comunicare efficacemente, di lavorare in team, di essere creativi e di adattarci ai cambiamenti.
L’intelligenza emotiva, ci permette di capire le nostre emozioni e quelle degli altri, di gestire lo stress, di motivare noi stessi e gli altri, di costruire relazioni positive. I progetti, come ogni altra attività, sono fatti di persone, e le persone sono fatte
In conclusione: la sfida dei prossimi anni sarà non esser rimpiazzati dal cosiddetto AI powered project manager, ed è bene farsi trovare pronti, sia in termini di competenze che di spirito di adattamento. Ma ancor più importante, sarà continuare proteggere e valorizzare quegli aspetti che ci differenziano dalle macchine e concentrarsi su ciò che più conta: essere umani.