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Google Project Management Professional Certificate: cos’è e come funziona

La certificazione professionale in Project Management di Google e gli altri percorsi di “Google Career Certificates” sono visti con grande diffidenza da professionisti, docenti e addetti ai lavori. Cercando informazioni sul web, ho notato che la maggior parte degli opinionisti ha dato una sua versione dei fatti, senza neanche prendersi il disturbo di partecipare al corso professionalizzante di Google. Ho deciso quindi di approfittare dell’occasione, frequentare il corso e fornire un’opinione informata di questa offerta didattica di Big G. Ecco tutto quello che c’è sapere sulla certificazione professionale in Project Management di Google, più le mie considerazioni personali.

Google Project Management Professional Certificate: Cos’è

La certificazione professionale in Project Management di Google fa parte della proposta formativa del colosso americano, ed è pensata per fornire ai suoi studenti conoscenze per essere competitivi sul mercato del lavoro, in ambito principalmente digitale.

Questo percorso formativo, parte del progetto “Google Career Certificates”, si presenta come un’alternativa più leggera, fruibile e pratica ad un tradizionale corso accademico. Si tratta ovviamente di un’offerta didattica interamente online e on-demand, al momento disponibile sono in inglese e in spagnolo.

Qualcuno ne ha parlato come di una “laurea di serie b”, alcuni hanno drammatizzato temendo una svalutazione dei titoli universitari classici, molto più realmente la big tech americana ha semplicemente proposto una strada privilegiata a quei professionisti (o aspiranti tali) che vogliono conoscere o approfondire un argomento, ma non posso permettersi i tempi e/o i costi di un’università.

Lo stesso Kent Walker, vicepresidente senior per gli affari globali di Google, ha specificato che si tratta di corsi che normalmente la sua azienda riserva alla specializzazione dei propri dipendenti in ambito IT. Quindi, nessuna laurea fasulla o attentato all’istruzione tradizionale, ma piuttosto una soluzione più accessibile e rapida per acquisire competenze immediatamente spendibili sul mercato.

Google Project Management Professional Certificate: quanto costa e quanto dura

Il corso per la certificazione professionale in Project Management di Google è disponibile esclusivamente su Coursera, nota piattaforma di e-learning che ospita anche corsi della Yale University, di Meta (Facebook) e IBM. Per accedere al corso, è sufficiente sottoscrivere un abbonamento mensile, attualmente al costo di 32€. La sottoscrizione a Coursera non è legata a Google, questo rende possibile frequentare più corsi contemporaneamente pagando una singola retta.

Non esistono altri costi per la certificazione Google, nessuna tassa di iscrizione e nessun contributo per sostenere l’esame finale e quindi ottenere l’attestazione. Ne consegue che il costo della certificazione è strettamente legato al tempo impiegato per portarla a termine. Con circa 10 ore di impegno a settimana, è possibile arrivare alla fine del percorso formativo in circa 6 mesi. Moltiplicando 32€ per 6 mesi, potremmo dire che la certificazione professionale di Google costa meno di 300€ in tutto.

Google Project Management Professional Certificate: argomenti e moduli

Il corso per la certificazione professionale in Project Management di Google è diviso in 6 moduli:

  1. Foundations of Project Management
  2. Project Initiation: Starting a Successful Project
  3. Project Planning: Putting it all Together
  4. Project Execution: Running the Project
  5. Agile Project Management
  6. Capstone: Applying Project Management in the Real World

Ogni modulo è presentato da uno specialista dell’azienda di Menlo Park, tra project manager, product manager ed esperti di sviluppo informatico. I moduli sono a loro volta suddivisi in “week”, che raccolgono in macro-categorie le singole videolezioni, gli esercizi e i quiz. Per poter progredire e passare da una week all’altra (e quindi da un modulo all’altro) è necessario seguire tutti i video, portare a termine tutti gli esercizi e superare i quiz con una percentuale minima di successo. Alla fine di ogni week, c’è il “weekly challenge”, un test più complesso da svolgere in 50 minuti, composto da risposte multiple, risposte aperte e risposte a scelta singola.

Durante lo svolgimento del corso, è necessario superare alcuni test “peer-graded assignment”: degli esercizi che dovranno essere valutati da altri partecipanti del corso. Per andare avanti, ogni partecipante è obbligato a valutare almeno due studenti, e a sua volta dev’essere valutato positivamente da almeno due studenti. Esiste un forum, suddiviso per moduli e week, che a tratti assume le forme di un mercato rionale, all’interno del quale ogni studente “prega” i suoi colleghi per ricevere una valutazione, pena il restare bloccato in un determinato punto del percorso.

Questo è un aspetto che ho trovato piuttosto macchinoso e malfunzionante: la maggior parte degli studenti guarda a malapena i compiti degli altri, fornendo una valutazione superficiale solo per poter proseguire con i moduli. Coursera ha cercato di sensibilizzare i partecipanti, facendo sottoscrivere un codice d’onore, attraverso il quale ogni studente si impegna a frequentare il corso e valutare i propri colleghi in maniera etica e responsabile. Come per la più tradizionale formazione, anche in questo caso gran parte della responsabilità è affidata alla scelta e alla volontà del singolo studente, che può scegliere arbitrariamente quanto tempo e quante energie dedicare al corso e alla partecipazione attiva alla community.

Google Project Management Professional Certificate: pro e contro

I vantaggi del corso per la certificazione professionale in Project Management di Google sono sicuramente l’economicità, la fruibilità e rapidità di apprendimento che questo tipo di formazione offre. Vale la pena spendere circa 300€ per un corso così strutturato che – seppur non fornendo ovviamente un’istruzione completa – propone un insieme di concetti e contenuti immediatamente spendibili da ogni professionista e in ogni settore. La piattaforma di e-learning è facilmente accessibile da ogni device, quindi è possibile studiare da casa, in viaggio e anche nei ritagli di tempo.

Il fatto che il corso sia 100% online, con lezioni on-demand e con una community internazionale, rappresenta allo stesso tempo un pro e un contro. Il contatto – e quindi lo scambio di idee e conoscenze – con insegnanti e gli altri studenti è praticamente nullo. Il forum assomiglia più ad un anarchico feed social, dove si possono trovare opinioni, messaggi senza senso e caratteri messi lì solo per ottenere la spunta verde su quel determinato passaggio.

 

Google Project Management Professional Certificate: conclusioni e opinioni

Se sei un aspirante project manager, o già ricopri questo ruolo ma senti di avere alcune lacune sui concetti fondamentali, il corso di Project Management di Google fa al caso tuo. Se vuoi capire come perfezionare la gestione dei progetti, ottimizzare tempi e risorse, sia a lavoro che nel tempo libero, allora il corso fa al caso tuo. Se desideri migliorare la tua posizione lavorativa, puntando a ruoli di coordinamento o management, questo corso potrà aiutarti a padroneggiare meglio le dinamiche dei gruppi di lavoro e dei progetti più complessi.

Allo stesso tempo, se pensi che questa certificazione possa spalancare le porte ad ogni colloquio come Project Manager o affini, forse questa non è la strada più giusta. Ad oggi, in Italia, questo tipo di certificazione non ha un peso riconosciuto e un’autorevolezza tale da fare la differenza durante una selezione lavorativa. Il rapporto qualità-prezzo di questa certificazione è senz’altro vantaggioso, considerati i migliaia di corsi che potresti trovare online, ad un prezzo di gran lunga maggiore e con modalità di accesso più complesse.

In conclusione, il corso per la certificazione professionale in Project Management di Google è un’ottima porta d’ingresso allo sconfinato mondo del project management, della metodologia Agile e ad alcuni importanti fondamenti di leadership e team working. Le nozioni che imparerai, seppur molto teoriche, ti aiuteranno a migliorare le tue capacità di gestione dei progetti, soprattutto quelli digitali.

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22 poster minimalisti di grandi film

Capolavori del cinema interpretati in chiave minimal

Un poster ha l’obiettivo di raccontare la storia e la grandezza di un film attraverso una sola immagine. Nello spazio di pochi centimetri bisogna attrarre lo spettatore e spingerlo ad andare al cinema.

I seguenti lavori sono una reinterpretazione minimale dei poster di alcuni dei più famosi film della storia e degli ultimi anni. Poche forme e colori che spesso rischiano di svelare il finale del film!


1.”Ritorno al Futuro” di Robert Zemeckis (1985)

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2. “American Psycho” di Mary Harron (2000)

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3. “8 e mezzo” di Federico Fellini (1963)

4. “Il cigno nero” di Darren Aronofsky (2010)

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5. “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone (1966)

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6.”Fight Club” di David Fincher (1999)

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7.”Forrest Gump” di Robert Zemeckis (1994)

8.”Il Padrino” di Francis Ford Coppola (1972)

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9.”Inception” di Christopher Nolan (2010)

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10.”Interstellar” di Christopher Nolan (2014)

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11.”I soliti sospetti” di Bryan Singer (1995)

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12.”Memento” di Christopher Nolan (2000)

13.”Midnight in Paris” di Woody Allen (2011)

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14.”Moonrise Kingdom” di Wes Anderson (2012)

15.”Non è un paese per vecchi” dei Fratelli Coen (2007)

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16.”Shining” di Stanley Kubrick (1980)

17.”The Social Network” di David Fincher (2010)

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18.”Taxi Driver” di Martin Scorsese (1976)

19.”Il Grande Lebowski” di Joel Coen (1998)

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20.”Le avventure acquatiche di Steve Zissou” di Wes Anderson (2004)

21.”Trainspotting” di Danny Boyle (1996)

Trainspotting - 1996 - Danny Boyle

22.”Whiplash” di Damien Chazelle (2014)

whiplash-chazelle

grandi registi fanno pubblicità
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5 grandi registi prestati alla pubblicità

grandi registi fanno pubblicità

In principio era Carosello.

Il programma che ha tenuto compagnia per vent’anni a milioni di italiani, tra cui i nostri nonni e i nostri genitori, si basava su una sapiente mescolanza tra intrattenimento e pubblicità.

Non sempre, però, gli spot pubblicitari trasmessi durante le pause di un film o un programma televisivo, sono in grado di attirare l’attenzione e l’interesse degli spettatori. Spesso, invece, sono solo una buona occasione per andare in bagno o controllare cosa c’è in onda su altri canali.

Troppo frequentemente, l’intervallo consiste in trenta secondi (o più) di testimonial dai sorrisi smoderatamente accattivanti, intenti a decantare le qualità del prodotto pubblicizzato e invitare ammiccanti lo spettatore all’acquisto.

A vedere certi film penso quanto sia bella la pubblicità.
Oliviero Toscani

Fortunatamente, per chi guarda la tv e per chi vuole vendere i propri prodotti, grandi brand come Nike Apple hanno osato trasformare quei pochi secondi a disposizione in veri e propri cortometraggi di qualità. Piccoli capolavori che, tramite una narrazione accattivante e una produzione di alto valore, riescono a catturare l’interesse e coinvolgere i possibili clienti.

Ne consegue che la storia della pubblicità sia ricca di collaborazioni, più o meno memorabili e più o meno riuscite, con grandi registi presi in prestito dal cinema. Federico Fellini, David Fincher e Darren Aronofsky sono solo alcuni degli illustri cineasti che hanno reso lo spot un momento godibile e degno di essere visto.

Ecco cinque grandi nomi della settima arte e i loro rispettivi lavori pubblicitari.

  1. Wes Anderson per Prada – Castello Cavalcanti (2013)

    Il regista di Houston, famoso per i riconoscibilissimi colori e le inquadrature dei suoi film, ha collaborato con l’azienda di alta moda italiana. Nello spot/cortometraggio ci sono tutti gli elementi caratteristici dei lavori di Anderson:  Jason Schwartzman (attore feticcio del regista), un’avvenente quanto apatica barista e i dialoghi surreali e dal ritmo incalzante (“completamente finito, totale calamity disastro catastrofica!”). Alla fine dei circa 8 minuti, resta l’amaro in bocca e la curiosità di sapere come si sarebbe evoluta la storia nell’immaginaria cittadina di Castello Cavalcanti.

  2. Spike Lee per Nike – Is it the shoes? (1991)

    https://www.youtube.com/watch?v=BhHONpmlxPc

    Il regista di Fa’ la cosa giusta e Malcom X, dirige nel ’91 uno spot in bianco e nero per uno dei brand sportivi più famosi al mondo. Per questa grande occasione, l’accanito tifoso di basket americano non può che farsi affiancare dalla più grande star della palla a spicchi: Michael Jeffrey Jordan. Lo spot, accompagnato da una base ritmica tipicamente anni ’90, è incentrato sul segreto nascosto dietro alle smisurate capacità atletiche e tecniche del cestista dei Chicago Bulls.
    “È il taglio di capelli? Sono i calzini corti? Sono le scarpe? Sono le scarpe? Devono essere le scarpe!”

  3. Ridley Scott per Apple – “1984” (1984)

     

    Al 1984, Ridley Scott aveva già diretto due dei suoi più grandi capolavori di fantascienza: Alien e Blade Runner. Non è difficile immaginare perché la Apple si sia rivolta a lui, affidandogli la direzione di uno spot che rappresenta una non troppo sottile citazione dell’opera di George Orwell, appunto “1984”. Il lavoro di Scott per l’azienda di Steve Jobs fu proiettato un’unica volta, nell’intervallo del Super Bowl, ma questa gli bastò per passare alla storia.
    In un’ambientazione distopica e inquietante, una sconosciuta eroina lancia un martello contro lo schermo del Grande Fratello, liberando gli spettatori dalla loro condizione di schiavi del conformismo.

  4. David Lynch per Sony – “Play Station 2” is The Third Place (2000)

    Chiunque abbia visto una delle opere di David Lynch, sa bene che il regista statunitense si ama o si odia. È impossibile arrivare alla fine di un suo film senza provare una profonda ammirazione o un intenso turbamento.
    Nel 2000 la multinazionale giapponese vuole lanciare il secondo modello della sua console, presentandola come una porta verso un ipotetico third place, una terza dimensione astratta.
    Nessuno meglio del regista di Eraserhead e Strade perdute può rendere “reale” una dimensione paranormale e onirica, accompagnandoci per mano verso un disturbante sogno ad occhi aperti.

    Welcome to the third place!

  5. Spike Jonze per Ikea – Lamp (2002)

    Nello stesso anno di uscita de Il ladro di orchidee (film con un “doppio” Nicolas Cage e la sceneggiatura di Charlie Kaufman), il regista premio Oscar collabora con l’azienda svedese leader mondiale nella vendita di mobili e oggettistica per la casa. Un solo minuto, scandito da un’incessante pioggia e un pianoforte, durante il quale lo spettatore entra in empatia con un semplice oggetto.
    Una lampada viene abbandonata dal suo proprietario e sostituita da un modello nuovo. La bravura di Jonze, sta nel servirsi della colonna sonora e del montaggio per trasmettere un’emozione e un senso di abbandono, nonostante il protagonista dello spot sia un oggetto inanimato.
    Il finale a sorpresa ridesta lo spettatore e lo riporta alla realtà dei fatti: it has no feelings, and the new one is much better!

    Bonus – Sergio Leone per Renault (1981)

    La collaborazione tra cinema e pubblicità non è affare esclusivo dei registi americani. Anche il nostro grande Sergio Leone ha prestato la sua opera per uno spot pubblicitario. Nel 1981 dirige circa 50 secondi di puro Western per la casa produttrice automobilistica francese. L’ambientazione, la colonna sonora del maestro Ennio Morricone (una creativa versione western di Per Elisa di Beethoven) e il taglio del leggendario regista romano, rendono epico questo piccolo gioiello di advertising.

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