Michael “Mick” Doohan:
il mito della resilienza
La storia, le difficoltà e i successi di uno
dei più grandi campioni delle due ruote
Le grandi storie non hanno mai una trama lineare, così come alla base di un mito non c’è mai qualcosa di prevedibile. Le leggende nascono dalle difficoltà, attraversano percorsi tortuosi e arrivano in vetta superando tutti gli ostacoli che incontrano per strada.
La storia del mito, Michael “Mick” Doohan, ovviamente non può fare eccezione: una storia fatta di tanti successi, ma ricca allo stesso modo di sofferenza e avversità, ostacoli che sembravano insormontabili e resilienza.
Cos’è la resilienza?
“La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.”
Oggi Motowide vi racconta perché Mick Doohan, oltre ad essere un grande campione di motociclismo, è innanzitutto un esempio virtuoso di resilienza, coraggio e caparbietà.
Le origini e i “primi passi”
Michael Sydney Doohan nasce il 4 giugno 1965 a Brisbane, una delle città più popolose dell’Australia, situata sulla costa est conosciuta anche come Gold Coast. Mick nasce e cresce in una regione dove i passatempi principali sono fare surf, andare in moto e bere birra in spiaggia fino a tardi. Per nostra fortuna, Doohan si specializzerà solo in una di queste attività ludiche.
In realtà di ludico c’è ben poco, visto che il nostro Mick trasformerà quasi subito il motociclismo in un affare serio, entrando nel mondo professionistico gareggiando dai primi anni ‘80 nella Superbike australiana.
Le sue qualità di pilota lo fecero subito risaltare nel panorama motociclistico internazionale, così da portarlo nel giro di pochi anni (1987) al mondiale di Formula TT e al primo podio nel circuito giapponese di Sugo. È la Yamaha che riconosce il suo talento e lo schiera nel campionato australiano di Superbike, Mick ripaga la fiducia dei nipponici vincendo entrambe le tappe australiane.
È il 1989 e i tempi sono abbastanza maturi per il grande salto, il Motomondiale sta aspettando. La Yamaha prova a corteggiare il suo campione per tenerlo nella propria scuderia, ma dovrà arrendersi alla decisione di Doohan: esordire al Motomondiale con la Honda Racing Corporation.
Il debutto al Motomondiale
Ad aspettarlo in scuderia c’è un altro australiano, Wayne Gardner, già campione della 500 con la Honda nel 1987.
Le prime scorribande di Mick Doohan nella 500 verranno ricordate più per le cadute che per i successi. Il suo stile di guida è grezzo e sprezzante, il suo approccio alle gare è così brutale che in molti cominciano a dubitare del suo effettivo talento.
Ma come ogni pietra preziosa che si rispetti, c’è bisogno di tanto lavoro ed impegno perché possa brillare al meglio delle sue possibilità. È così che Mick, con la tenacia che lo ha sempre contraddistinto, si mette al lavoro per tentare di limare le imperfezioni della sua guida.
Nel campionato mondiale del ‘90 esordisce male con un ritiro alla prima gara, ma arriva anche la sua prima vittoria, alla penultima corsa in Ungheria. L’anno seguente il livello delle sue prestazioni continua a salire, con le vittorie in Spagna, Italia e Austria. Alla fine della competizione sarà secondo, dietro solo all’americano Wayne Rainey della Yamaha.
Ancora una volta i tempi sono maturi e Mick si prepara per il grande colpo, quel primo posto al Motomondiale che sembra il coronamento perfetto della sua evoluzione motociclistica. Il 1992 comincia effettivamente alla grande, con 5 vittorie nelle prime 7 gare, che gli fanno spiccare il volo nella classifica piloti.
Ma l’inaspettato era dietro l’angolo – precisamente ad Assen – ed aspettava Mick Doohan per mischiare le carte e sconvolgere tutti i suoi piani di trionfo sul Motomondiale.
L’incidente, l’operazione e il Dottor Costa
È il 27 giugno del 1992 e i piloti stanno svolgendo le prove del Gran Premio di Assen, in Olanda. Mick Doohan è vittima di una caduta, come molte altre della sua carriera, a causa della quale riporta una frattura della gamba destra. Dopodiché, l’impensabile: la Honda spinge perché rientri in gara e vinca il Motomondiale, l’australiano viene operato in fretta e furia e le conseguenze sono disastrose. Per un errore dei medici, il pilota di Brisbane rischierà di perdere la gamba per cancrena.
Per tentare di salvare la gamba (e la carriera) di Mick fu chiamato il Dottor Claudio Costa, medico italiano già noto nell’ambiente motociclistico dell’epoca. L’azione del chirurgo fu tempestiva quanto anticonvenzionale: prelevò l’australiano dall’ospedale olandese dove era ricoverato, lo portò rapidamente in Italia e intervenne con mezzi non proprio tradizionali.
L’entrata in gioco del luminare Dottor Costa fu provvidenziale per dare una chance alla gamba di Mick, il coraggio e la voglia di non arrendersi dell’australiano fecero il resto. Contro tutte le aspettative – e anche contro molti pareri discordanti – il pilota della Honda risalì in sella il 23 agosto (a meno di due mesi dal grave incidente) e gareggiò nelle ultime due sfide del mondiale.
Purtroppo la ferita era ancora troppo recente, il terrore dell’incidente ancora troppo vivo, il dodicesimo e il sesto posto non bastarono a Doohan, che dovette accontentarsi del secondo posto sul podio dietro all’americano Rainey.
La rinascita ed il successo
Questa per Mick Doohan non è assolutamente la fine, ma l’inizio di una nuova vita che sarò costellata di grandi successi e soddisfazioni. Mick continua a zoppicare e utilizzare il pedale destro per il freno posteriore è diventato impossibile. Il campione australiano deve trovare un modo per reinventarsi, per cambiare stile di guida e tornare ai livelli che gli appartengono.
La soluzione fu tanto semplice quanto geniale: la Brembo progettò un comando manuale che, posto alla sinistra del manubrio, gli permetteva di gestire il freno posteriore col pollice. Nacque così il freno posteriore a pollice, che tutt’oggi è utilizzato da professionisti di tutto il mondo, per ottenere maggiore sensibilità nella frenata e avere un controllo più preciso.
Costretto a fare “di necessità virtù”, Mick Doohan visse il Motomondiale del 1993 come un banco di prova, con gli occhi del mondo puntati addosso, cercando di dimostrare di essere davvero in grado di tornare il campione che tutti conoscevano. Il campionato non fu esaltante, una sola vittoria a San Marino e un quarto posto finale che gli stava stretto.
Ma il meglio doveva ancora venire.
Dal 1994 al 1998 Mick mette in scena uno spettacolo senza paragoni, dominando il Motomondiale e portando a casa 5 titoli consecutivi. Il campione australiano entra nella leggenda di prepotenza, scrollandosi di dosso tutte le paure e le malelingue che lo davano per spacciato dopo l’incidente di Assen.
Quel triste giorno del ‘92 non l’ha spaventato e non gli ha tolto la grinta che lo ha sempre contraddistinto, ma di sicuro lo ha profondamente cambiato, costringendolo a tirare fuori il suo meglio. Un uomo, Mick, noto per essere sicuro di sé fino ai limiti dell’arroganza. Non un “uomo da spogliatoio” e sicuramente non il più amato nel paddock.
Ma la sua scorza dura gli ha permesso di passare, nel giro di pochi anni, dal rischio di perdere una gamba alla vetta più alta del mondo motociclistico. Una storia che ha dell’incredibile, se si pensa a quante occasioni avrebbe avuto Doohan per arrendersi al destino, anche giustificatamente.
Invece no, il ragazzo della Gold Coast non si è arreso mai, neanche per un attimo. Ha preso sulle spalle tutte le incertezze e le paure che la vita gli ha presentato, affrontandole a testa alta con coraggio e caparbietà. Per questo è diventato uno di quei personaggi leggendari, che sono dei punti di riferimento per tutti colori che affrontano avversità ogni giorno.
Ecco, quando qualcuno vi chiederà “che cos’è la resilienza”, voi potrete fargli vedere senza timore una foto di Mick Doohan, il campione che ha dovuto toccare il fondo per poter prendere lo slancio e arrivare in cima al mondo!
Questo post è stato originariamente pubblicato su Motowide.com.